Vaga memoria del canto (L’infermiera)


di Diego Julio Vinicio Melendez

Appena Gregorio dischiuse gli occhi, s’accorse che il locale era immerso nella penombra. Era uno stanzone dalle pareti bianche, e gli pareva che avesse un’aria familiare, benché fosse certo di non esservi mai stato. Sapeva di trovarsi in ospedale, ma non riusciva a ricordare il perché. Ho forse avuto un incidente? — si chiese — Oppure è quell’intervento chirurgico, che da qualche tempo continuavo a rimandare? Stranamente, però, non provava alcun dolore. Soltanto il cuore batteva con un ritmo sordo, lento ma regolare, insolitamente cupo. Lo stanzone sembrava piuttosto spazioso, su ciascun lato erano allineati tre letti, ben distanziati tra loro, come sono in genere negli ospedali. Come mai aveva l’impressione di conoscerlo, quel posto? Doveva essersi già svegliato, in precedenza, e a pensarci affiorava una vaga memoria di un uomo e una donna, entrambi chini su di lui, che dicevano qualcosa che lui non riusciva a comprendere.

Gregorio era disteso sul dorso in uno dei due letti centrali, il capo tenuto alto da un cuscino. Si sentiva invaso da una strana indolenza, e non pensava nemmeno di muoversi. D’altronde, perché mai avrebbe dovuto? Stava così comodo sotto le coperte! Poi qualcosa, forse un movimento alla sua sinistra, o un fruscio quasi impercettibile, attirò la sua attenzione. Inclinò appena il capo verso le ampie finestre dalle quali filtrava un po’ di chiarore. Oltre la sponda del suo letto, distesa su quello vicino, c’era una donna, su un fianco, e gli volgeva la schiena. Stava immobile, sembrava dormire, eppure Gregorio la udì distintamente pronunciare le parole: «Non cantare!» 

Sta dicendo a me? — si chiese, stupito. Non c’era nessun altro, nella stanza. Gli altri letti erano tutti vuoti. Doveva essere un’infermiera, ne era certo, perché stava distesa sopra le coperte, come se si fosse allungata un attimo a riposare. E poi gli sembrava, a vederla in controluce, che indossasse l’uniforme… Verde, avrebbe potuto giurare, nonostante la penombra. O era piuttosto azzurrina?

Aveva pronunciato la breve frase una sola volta, poi era rimasta in silenzio, senza muoversi. Tuttavia quelle parole gli risuonavano ancora in mente, e Gregorio si soffermò a considerare qualcosa di particolare, nell’inflessione, che lo aveva colpito. La voce era un po’ impastata, come se si fosse svegliata proprio in quel momento, e forse neppure del tutto; il tono invece aveva un che di perentorio, tipico di chi è avvezzo a dare ordini, però c’era come una sfumatura di rassegnato rimprovero, quasi intendesse dire: “Ma tutte a me, devono capitare? Perfino un paziente canterino, appena uscito dal tavolo operatorio?” Naturalmente — pensò — c’era anche la possibilità che lo dicesse per lui, nel suo interesse: forse non era proprio il caso che si mettesse a cantare, nelle sue condizioni! Oppure era lei che stava sognando, e aveva parlato nel sonno? 

In effetti, Gregorio sentiva le labbra aride, tentò di passarvi sopra la lingua, ma non ottenne alcun sollievo. Era possibile che — senza rendersene conto — si fosse messo a cantare? Tutt’al più, senza forze com’era, avrebbe potuto mormorare, canticchiando… e in quel momento ebbe l’impressione che in realtà, un istante prima di aprire gli occhi, un motivo c’era, che gli girava per la testa. Una canzone, una melodia? Non riusciva più a rammentarla, ma ne era sicuro, qualcosa c’era, o c’era stato. 

Che strano! Così, s’era davvero messo a cantare? La situazione era ben poco verosimile, persino surreale: quella stanza d’ospedale, nella penombra, l’infermiera distesa a riposare, il canto, il rimprovero… Al tempo stesso, sentì che gli cresceva dentro una morbida, calma certezza. Tutto sarebbe andato per il meglio, ormai. Quel canto era dentro di lui, e nessuno al mondo avrebbe potuto più toglierglielo. Avvertì le labbra distendersi nell’accenno di un sorriso, e placidamente si riaddormentò.

1 commento:

  1. Als Gregor Samsa eines Morgens… imitazione, allusione, oppure un omaggio al grande scrittore praghese di lingua tedesca (a un secolo di distanza)?

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